Nessun ostacolo nessun conflitto

Le mie attività quotidiane sono del tutto ordinarie, però sono in totale armonia con esse. Non trattengo nulla, non respingo nulla; in ogni circostanza nessun ostacolo, nessun conflitto.
Che importa di ricchezze e onori? Persino la cosa più umile risplende. I miei poteri miracolosi e le mie attività spirituali: attingere acqua e trasportare legna da ardere.
Mu Soeng - Trust in Mind (traduzione personale dall’inglese)

Agli inizi degli anni ’80 lessi il bel libro di Alan Watts “Il Tao. La via dell’acqua che scorre”: tra le cose che mi rimasero impresse nella memoria c’era il seguente detto di tradizione Zen:

Sedendo quietamente senza fare nulla
La primavera giunge e l’erba cresce da sé.
Zenrin kushu

A quel tempo ero agli inizi della mio percorso di ricerca interiore e mi stavo avvicinando allo Yoga ed alla pratica della meditazione Buddhista: sebbene la frase non mi dicesse quasi nulla a livello esperienziale, nello stesso tempo mi colpì a livello intuitivo e continuò a “lavorare” e a risuonare dentro di me, e in qualche modo che non so bene spiegare ha guidato la mia pratica e la mia ricerca.
Ora, dopo molti anni, la stessa frase continua a guidare la mia ricerca interiore, la mia pratica contemplativa: per questo motivo mi assumo il rischio di offrire una descrizione di come vivo questo detto Zen alla luce della mia esperienza meditativa e della mia sensibilità, ben sapendo che ognuno dovrebbe lasciare “lavorare” la frase dentro di sé ed eventualmente permettere che emerga naturalmente la propria interpretazione.

Sedendo quietamente indica sia la posizione fisica seduta, ad esempio la posizione classica della pratica meditativa, e allo stesso tempo fa riferimento ad uno stato psicofisico a cui è possibile accedere in ogni posizione.
Provando a descrivere questo stato possiamo dire che, ad un livello minimo, il corpo e la mente non disturbano più, si potrebbe anche dire che sono “silenziosi”; c’è una base di stabilità e agio che a livello mentale comporta una qualità di attenzione continua, l’essere presenti, consapevoli e, a livello fisico, fa riferimento ad una sensazione di forza e di immobilità. Ad un livello ulteriore possiamo fare esperienza di un vero e proprio benessere, un piacere, una gioia.
Sedendo quietamente equivale a dire che “sediamo”, dimoriamo al centro della nostra esperienza, dove quietamente enfatizza il fatto che non siamo agitati, ansiosi, e che non alimentiamo aspettative, che non siamo sopraffatti, schiacciati dagli obiettivi, che ci sintonizziamo con uno stato di appagamento tranquillità interiore che è già qui.

Senza fare nulla fa riferimento al fatto che, di momento in momento, “sediamo”, riposiamo al centro della nostra esperienza senza manipolare, senza interferire con l’esperienza stessa, ma lasciandola fluire così com’è; c’è continuità dell’attenzione, ma è una attenzione ricettiva, rilassata, mai invasiva o controllante.
Accogliamo le varie esperienze che continuamente sorgono nel campo della nostra attenzione con lo stesso atteggiamento accettante: il rilassamento è benvenuto e la tensione è benvenuta, la tranquillità è benvenuta e l’agitazione è benvenuta, i pensieri sono benvenuti e l’assenza di pensieri è benvenuta.
Dimoriamo in una qualità di mente spaziosa che riconosce e accoglie tutto ciò che viene in primo piano nel campo dell’attenzione, senza separarci, negare o voler scacciare ciò che non ci piace, e al contempo senza aggrapparci, perderci, o lasciarci trascinare via da ciò che ci piace.

Poiché rimaniamo a nostro agio in uno stato di attenzione vigile e nello stesso tempo aperta e rilassata, allora la primavera giunge, cioè avviene un cambiamento spontaneo nel sistema mente corpo.
Dopo il letargo dell’inverno in primavera la natura si risveglia, allo stesso modo anche noi ci risvegliamo: a livello esperienziale è possibile percepire questo “risveglio” come un cambiamento di stato che possiamo sperimentare attraverso una maggiore tranquillità e stabilità mentale unita ad una maggiore chiarezza, spaziosità e leggerezza. Il processo del pensiero discorsivo è del tutto assente o rallenta molto, e comunque i pensieri, anche quando sono presenti, non disturbano più; se prima c’era uno sforzo, una intenzionalità nel mantenere l’attenzione, ora tutto è naturale e senza sforzo.
Ci sentiamo più vivi, più vitali, e a livello fisico si può sperimentare che la posizione corporea si sostiene da sola, “dal di dentro”, cioè abbiamo la sensazione di non fare più alcuno sforzo per mantenere la posizione seduta; inoltre c’è una acutezza della sensibilità corporea e, in generale, di tutti i cinque sensi.
A questo punto, molto spesso, nella mia esperienza si manifesta con chiarezza quello che Achaan Sumedho chiama il suono del silenzio, cioè un suono interiore che è un po’ come un fruscio, un ronzio continuo che non è percepito come un suono prodotto esternamente, ma piuttosto come un suono interno.

e l’erba cresce da sé: qui mi sembra importante sottolineare questo da sé, il fatto che ciò che avviene durante la pratica avviene appunto in modo del tutto spontaneo e naturale, cioè seguendo la legge di Natura, il Dharma, il Tao. La primavera accade, c’è questo risveglio spontaneo, e quindi avvengono dei cambiamenti spontanei e può sorgere una comprensione intuitiva.
L’abituale frammentazione svanisce e rimane un unico campo di esperienza sensoriale e cognitiva continuamente cangiante e nello stesso tempo sempre uguale: la separazione dolorosa tra ciò che conosce e ciò che è conosciuto inaspettatamente e improvvisamente scompare e ci si stupisce di poter riposare in un silenzio vivo, caldo, accogliente, in una chiarezza tranquilla e gioiosa.


Vorrei concludere con una riflessione su due immagini classiche entrambe provenienti dall’ambito del Buddhismo Chan Zen: la prima descrive la straordinaria ordinarietà dell’esperienza del risveglio affermando che “prima che uno uomo pratichi lo zen, le montagne sono montagne e i fiumi sono fiumi; una volta intrapresa la pratica dello zen , le montagne non sono più montagne e i fiumi non sono più fiumi; ma quando lo zen viene realizzato, allora le montagne sono di nuovo montagne e i fiumi sono nuovamente fiumi”; la seconda descrive il cammino di ricerca interiore attraverso quattro modalità di operare della mente, cioè quattro modi di vivere e di fare esperienza del mondo, che sono chiamate “l’ospite dentro l’ospite, il padrone di casa dentro l’ospite, l’ospite dentro il padrone di casa e il padrone di casa dentro il padrone di casa”.

Attravero un linguaggio simbolico si fa riferimento ad una situazione iniziale in cui non si è ancora intrapreso alcun cammino di ricerca interiore, e quindi tutta la nostra vita, gli stati d’animo, l’agire e il pensare sono dettati completamente dai nostri condizionamenti, dalle nostre abitudini (l’ospite dentro l’ospite); si è in uno stato di distrazione dispersione illusione, uno stato di reattività compulsiva e automatica dove non c’è né ricerca, né riflessione, né scelta (le montagne sono montagne e i fiumi sono fiumi).

In un secondo tempo, attraverso la pratica, diveniamo in grado di riconoscere e accogliere le nostre reazioni abituali e i vari stati d’animo senza esserne completamente sopraffatti, inghiottiti, senza essere completamente identificati (il padrone di casa dentro l’ospite): cominciamo a gustare anche qualche momento di pace, di tranquillità e di vera presenza che ci permette di intravedere che non siamo (solo) le nostre abitudini, non siamo (solo) i nostri condizionamenti, per quanto radicati possano essere.

Perseverando nella pratica la reattività abituale, benchè presente, perde la presa, perde la sua forza, mentre è la consapevolezza che diventa più continua, abituale e anche più “gustosa” (l’ospite dentro il padrone di casa); poiché è più naturale ricadere nel presente sorge una capacità di risposta consapevole e salutare, basato proprio su un stato di attenzione ricettiva e non giudicante, una presenza viva e continua che ci permette di essere in contatto; in questo momento c’è la ricerca, c’è l’interrogarsi, c’è la reale possibilità di scegliere e di sperimentare i risultati delle scelte (le montagne non sono più montagne e i fiumi non sono più fiumi).

Questo processo naturale e organico che chiamiamo convenzionalmente ricerca interiore tende ad una condizione in cui si fluisce armonicamente con gli eventi, dove l’agire salutare e appropriato sorge spontaneamente dalla viva percezione delle circostanze, e quindi l’interrogarsi naturalmente cessa e non c’è più scelta (le montagne sono di nuovo montagne e i fiumi sono nuovamente fiumi).
All’inizio la pratica è vissuta come qualcosa di esterno, separato, un metodo da applicare: sei tu che ti prendi cura della pratica; poi piano piano lo sforzarsi dimunuisce e si può scoprire che anche la pratica si prende cura di te; alla fine non c’è più alcuno sforzo e rimane un naturale e spontaneo atteggiamento contemplativo (il padrone di casa nel padrone di casa), un fluire armonico senza separazioni né scelte.

Pratica simultaneamente calma concentrata e chiarezza mentale.
Osserva attentamente, senza vedere nessun fenomeno [dharmas], nessun corpo, nessuna mente. Poiché la mente è indefinibile, il corpo è vuoto, ed i fenomeni [dharmas] sono come un sogno.
Non c’è niente da ottenere, nessuna illuminazione di cui fare esperienza. Questa è chiamata liberazione.
Sengcan – citato da Mu Soeng in Trust in Mind  (traduzione personale dall’inglese)

Invece di sforzarci cercando continuamente di aggrapparci a “qualcosa”, ad una “sostanza”, ad un “posto”, ad uno “stato”, cha sia pure chiamato Illuminazione, Nirvana o Paradiso, forse potremmo semplicemente aprirci, riposare, essere in armonia con ciò che c’è, qui ed ora.
Quando smettiamo di “spingere e tirare”, quando smettiamo di manipolare, di imporre un modello predefinito, quando ascoltiamo in silenzio senza interferire lo svolgersi naturale del processo mente corpo, allora possiamo pienamente essere, possiamo sentirci finalmente a casa in noi stessi e nel mondo.